Tutti in Islanda

Premetto di essere affetta da una grandissima e maniacale ossessione (leggi: passione spropositata) per tutto ciò che è neve, freddo, inverno, maglione a trecce, renne, caminetto e abeti. Ergo, sono anche una pazza fanatica del mese più nevicato e dolce che c’è, dicembre.

Di conseguenza, amando tutte queste cose, non potevo che innamorarmi delle foto dei paesi nordici. Quello che recentemente mi ha colpita di più è l’Islanda: non avevo mai pensato a quest’isola fatta di geyser, getti di acqua calda alti decine di metri, che tra l’altro è il Paese europeo meno popolato, con i suoi 322 000 abitanti. Senza contare gli elfi, che pare abitino la penisola di Hornstrandir.

Ricoperta per il 10% di ghiacciai, terra sognante che sembra uscire dalla penna del più romantico dei narratori di favole, sembra veramente avere le sembianze di un altro pianeta, così come ne parla il settimanale #Gioia qualche settimana fa. Il ghiacciaio più grande d’Europa, Vatnajokull, pare abbia una superficie di poco inferiore a quella della nostra meno gelida Umbria.

A quanto pare, visto che io adoro scrivere e leggere non potevo farmi mancare questa perla, gli islandesi non godono soltanto di uno dei sistemi sanitari migliori al mondo, ma sono anche tutti eccellentemente colti (non tutti diventeranno medici, ma scrittori forse sì): leggono come se non ci fosse un domani e sono moltissimi quelli che invece riescono a farsi pubblicare. A proposito, suggerisco “Il rosso vivo del rabarbaro”, di A. Ólafsdóttir.

Quasi l’8% del PIL nazionale è investito nell’istruzione, e se quella obbligatoria e gratuita arriva ai 16 anni, sono molti gli studenti che proseguono il loro percorso terminando l’università.

Io comunque l’Islanda un po’ me la immaginavo come la Norvegia circondata dal mare, nel senso, popolata da alti e biondi mangiatori orgogliosi di salmone dalla polpa grassa e di una tonalità che sfida il corallo. Invece questi nordici lettori accaniti seppelliscono per quasi un semestre della carne di squalo e ne fanno una pietanza tipica, che ingurgitano assieme ad un distillato di patate. Chi non gradisce nutrirsi di pesci che si nutrono di carcasse di barche e persone può optare per un meno aggressivo pesce gatto, per delle cozze o cercare un ristorante italiano dove ordinare della carbonara, una pizza ai quattro formaggi o dei fagioli all’uccelletto. Seriamente: nella capitale, Reykjavik, sembra che i locali dove viene servita la nostra cucina non manchino. Uno di questi è Rossopomodoro (Laugavegur, recensioni decisamente positive). Tra gli altri, Primo Ristorante e la pizzeria Eldofninn.

Sono diversi i siti che organizzano viaggi nella terra dei fuochi, degli elfi e dei lettori assidui: www.islanda.it propone una sfilza di itinerari per tutti i gusti, da quelli individuali a quelli in macchina, da quelli realizzati appositamente per le stagioni fredde a quelli specifici per l’estate.

I prezzi degli alberghi a primo impatto non sembrano bassi, a Reykjavik, la capitale, si può dormire con circa 130 euro al 100 Iceland, e si superano i 300 se si alloggia al Borg.

Il consiglio è quello di dare prima un’occhiata ai numerosissimi siti dove farsi un’idea sia del clima (lunatico), in modo da non avere sorprese una volta arrivato il momento di disfare la valigia in albergo, dei prezzi e dei centri dove alloggiare spendendo sicuramente qualcosa in meno e senza però farsi mancare l’immersione in questa magica atmosfera nordica.